Dopo le esperienze del tutto negative dei governi precedenti era difficile pensare a un governo ancora più nemico delle classi popolari e più piegato alle logiche del capitale. Il governo Draghi, invece, promette di essere tutto questo e anche di peggio.
Quella dell’illustre “tecnico” chiamato a salvare la patria è un’anomalia politica tutta italiana che non ha riscontri nel resto d’Europa. Da Ciampi a Dini a Monti a Draghi, questi tecnici vengono presentati come super partes, ma non lo sono per niente. Sono sempre dalla parte dei padroni, della grande industria, della finanza.
I governi tecnici hanno sempre seguito i dettami del neoliberismo per privatizzare, tagliare salari, pensioni, servizi pubblici e sanità, istruzione e cultura, salvo poi oggi riscoprire di nuovo il ruolo dello Stato in economia, consistente più che altro nel destinare miliardi alle imprese. Bonomi, presidente di Confindustria, ha detto più volte molto chiaramente quello che si aspetta dal governo: dateci i soldi poi lasciateci fare.
Il banchiere Draghi e i ministri “tecnici” da lui designati – e che solo a lui rispondono – sono tutti legati al mondo della finanza e dell’industria.
Questo governo è palesemente nato con la priorità di gestire l’enorme quantità di denaro che arriverà dall’UE con i finanziamenti del recovery plan (209 miliardi di cui 82 a fondo perduto) giustificati dalla crisi economica e che saranno fatti pagare ai ceti popolari. Un’altra priorità sarà ricondurre l’Italia nel solco dell’atlantismo e dei saldi legami con gli USA, dai quali i governi di Conte avevano deviato cercando di avvicinarsi ad altre potenze internazionali. Da ultimo, si può già prevedere l’accelerazione del trasferimento di ricchezza dai lavoratori alle imprese, con la fine della cassa integrazione seguita da ondate di licenziamenti mascherati da ristrutturazioni aziendali, una riforma fiscale che non è ancora delineata ma che escludiamo colpirà il grande capitale, nuove limitazioni ai diritti sociali e repressione del dissenso. In breve, un massacro sociale senza precedenti, considerando anche il fatto che questo governo sta continuando nel solco del Conte II una gestione della pandemia in chiave emergenziale, affrontando i problemi alla giornata e senza nessuna vera svolta per salvaguardare salute pubblica, redditi e lavoro.
Gran parte della distribuzione dei fondi UE sarà fatta sotto la bandiera della green economy. Non a caso Draghi ha nominato un uomo di Leonardo-Finmeccanica (settore armi e aerospazio) ministro della transizione ecologica, nomina che lancia anche un tranquillizzante segnale alla fiorente industria bellica italiana, assicurando che le spese militari non saranno intaccate in alcun modo.
Da quel ministero usciranno le direttive per un gigantesco greenwashing del capitalismo italiano, che permetterà ai padroni di continuare a fare miliardi semplicemente ammantando di una patina d’ecologismo le loro produzioni. Il discorso di Draghi è stato chiaro: certe aziende dovranno chiudere e altre, con produzioni e attitudini internazionali più competitive, dovranno prenderne il posto, generosamente aiutate dallo Stato. Quella che viene definita “distruzione creativa”. E chi lavora nelle prime dovrà riqualificarsi, aggiornarsi, riconvertirsi per poi rimanere nella maggior parte dei casi ai margini del mondo del lavoro o esserne espulso senza tanti complimenti.
Anche il Vaticano è uno sponsor entusiasta del nuovo governo: la chiesa spera di fare man bassa delle ennesime privatizzazioni nella scuola e nella sanità e di accaparrarsi una fetta consistente dei fondi europei. Che questo generi disoccupazione e miseria non spaventa certo l’organizzazione clericale, che potrà così mettere in mostra la faccia buona della carità pelosa.
Dobbiamo anche rimarcare il disgustoso endorsement dei sindacati di regime in favore di Draghi. A scatola chiusa, già prima dei discorsi alle camere, Cgil Cisl, Uil e Ugl hanno dato il loro assenso al governo. In cambio di cosa lo vedremo strada facendo, ma siamo sicuri che l’incasso di questi ennesimi trenta denari servirà ad assicurare una salda continuità nel loro ruolo di pompieraggio sociale, ruolo che peraltro svolgono diligentemente da alcuni decenni.
Infine, questo governo che raccoglie quasi tutte le sigle dell’arco parlamentare mette definitivamente a nudo la sostanziale inconsistenza delle differenze fra le sigle della democrazia parlamentare. Formazioni che fino a ieri si comportavano da avversarie irriducibili ora sono alleate. Pd e Forza Italia sono in maggioranza insieme a renziani e cinque stelle, alla Lega e parte di Leu in un pastrocchio totale, l’unità nazionale di padroni e politicanti in nome della gestione dei miliardi UE. Anche Fd’I che formalmente sta all’opposizione ha già detto che voterà i provvedimenti che le saranno congeniali. E di che genere saranno i provvedimenti votati da Fd’I lo possiamo immaginare. La lunga crisi della rappresentanza dei partiti e delle istituzioni ha avuto una nuova accelerazione in questa fase. Di fronte a profonde tensioni sociali la politica istituzionale ha puntato ancora sull’unità nazionale e sull’autoritarismo, per aver modo di riprodurre sé stessa.
La recrudescenza dell’attacco padronale, l’incondizionata piaggeria dei sindacati di regime e l’annullamento di ogni differenza fra i partiti, tutti uniti a sostenere il governo, aprono scenari cupi per le classi popolari, ma aprono anche dei vuoti, degli spazi di opposizione nei quali potranno svilupparsi nuovi e più incisivi percorsi di lotta al di fuori di ogni mediazione istituzionale o partitica.
26 febbraio 2021
La Commissione di Corrispondenza – Federazione Anarchica Italiana
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